Ministry of Sound cita Spotify in giudizio per aver violato il diritto di autore

L’etichetta inglese Ministry of Sound, specializzata nella realizzazione e distribuzione di compilation e brani musicali, ha citato in giudizio Spotify, noto servizio che consente agli utenti di accedere legalmente ad un’ampia raccolta di opere musicali, garantendo agli utenti medesimi la possibilità di organizzare i brani in playlist, che potranno poi essere condivise sui social network. Dal 2012, Ministry of Sound ha diffidato Spotify chiedendo la rimozione dal sito internet delle playlist che riproducevano l’elenco delle tracce delle sue compilation, senza che gli utenti ne avessero acquistato le opere originali. Ministry of Sound ha inoltre contestato a Spotify l'utilizzo non autorizzato del simbolo dell’etichetta discografica. Per ora la vertenza è circoscritta ai paesi anglosassoni, ma potrebbe riproporsi in altri paesi in cui Spotify ha acquisito una notevole diffusione. L’ipotesi non trova una chiara disciplina nella nostra legge sul diritto di autore, che non contempla le playlist. Non è tuttavia escluso che queste possano qualificarsi come “opere collettive”, (opere che derivano dalla scelta e dal coordinamento di altre opere) con riferimento alle quali il nostro diritto d'autore prevede in capo al soggetto che ha curato e realizzato l’opera un diritto esclusivo, ulteriore ed indipendente dal copyright sulle parti che la compongono. In attesa che la corte inglese si pronunci, ci si potrebbe interrogare su come l’industria musicale dovrà gestire la normativa sul diritto di autore con riferimento a queste nuove ipotesi: il diritto d'autore è infatti nato in tempi di grande sviluppo tecnologico per regolare l’attività delle imprese, con una limitata attenzione ai comportamenti degli utenti digitali globali.


09/13/2013 | Diritto d'autore