Caso CHROMA: ai fini della registrazione le traslitterazioni in caratteri latini di parole greche devono essere equiparate alle parole scritte in caratteri greci

Con sentenza del 16 dicembre 2010 (T-281/09), il Tribunale dell’Unione europea ha ritenuto che la il segno denominativo CHROMA, la cui registrazione era stata richiesta dalla Deutsche Steinzeug Cremer & Breuer AG per i prodotti delle classi 11 e 19 dell’Accordo di Nizza del 1957, costituisce una traslitterazione della parola greca “χρώμα” (colore) in caratteri latini - il cui significato può essere immediatamente compreso dal consumatore interessato (grecofono nel caso in questione) - e pertanto ricade nell’ipotesi di impedimento assoluto alla registrazione previsto dall’art. 7, n. 1, lett. c) del regolamento 207/2009 sul marchio comunitario. Come affermato dalla sentenza, infatti, l’art. 7, n. 1, lett. c) del regolamento 207/2009 che prevede che sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio” persegue una finalità di interesse generale. Nel caso in esame, in particolare, l’impiego del termine «colore» trasmette un messaggio che può essere immediatamente colto dal consumatore interessato, indicante la presenza di una gamma di prodotti in vari colori, diversi dal classico bianco per quanto riguarda i sanitari in ceramica e i materiali da costruzione ceramici per bagno.


03/28/2011 | Marchi